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Intervista a M. BENTIVOGLI : “Meccanici, contratto da salvare” – Avvenire, 5 aprile 2016

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“Meccanici, contratto da salvare”

Bentivogli (Fim-Cisl): Renzi impari a distinguere i sindacati

Renzi? “Eviti generalizzazioni da bar sui sindacati e si occupi piuttosto di chi ha portato via i soldi dalle imprese e li ha portati a Panama”. Il contratto metalmeccanico? “La sfida è aumentare i salari e la produttività. Se Federmeccanica non cambia impostazione si rischia che accada l’esatto contrario”. Raggiungiamo Marco Bentivogli, segretario della Fim Cisl, mentre rientra da Bologna dove è intervenuto all’attivo unitario delle tute blu. Uno dei tanti appuntamenti che preparano lo sciopero di 4 ore del 20 aprile, il primo da molti anni indetto insieme dalle tre federazioni di categoria. Ma non si lascia sfuggire l’occasione per rintuzzare le critiche del premier ai sindacati, lanciate mentre lodava Sergio Marchionne:” Renzi non mostra la virtù del discernimento, noi alla Fiat siamo stati i protagonisti del rilancio. Dovrebbe prendere lezione da Obama, che ha dedicato Labor Day ai lavoratori e al sindacato che, ha detto, ha loro guardato le spalle. Così facendo non si aiutano le posizioni riformiste e innovative dentro il sindacato”.

Dopo anni di scontri e di strategie opposte, vedi sul caso Fiat, voi e la Fiom di Maurizio Landini tornate con lo sciopero a un’iniziativa comune. Cos’è accaduto, Bentivogli?

Sono i sei mesi di intransigenza di Federmeccanica al tavolo delle trattative che ci hanno ricompattato. La capacità di essere unitari la misureremo negli scioperi e nelle proposte, giorno per giorno. Siamo di fronte a un passaggio tra i più difficili della storia dei metalmeccanici. Il contratto arriva in un momento di deflazione, tanto che gli imprenditori volevano indietro metà degli aumenti concessi con il contratto precedente. C’è un sistema industriale fortemente spaccato tra chi non ha subito o sta superando la crisi e quella parte che è stata falcidiata dalla recessione. In questa condizione la nostra controparte in sostanza punta ad azzerare il contratto nazionale, con una posizione molto rigida della stessa Confindustria. Ricordo che stiamo parlando del contratto più grande di tutto il privato, riguarda 1.4 milioni di persone, e deve mantenere la sua forza.

Cosa rifiuta dell’offerta di Federmeccanica?

Sul welfare, il diritto alla formazione, l’inquadramento ci sono disponibilità che inseguivamo da anni. Ma la parte sul salario è inaccettabile. Si prevede il recupero del potere d’acquisto solo per il 5% dei lavoratori – stiamo parlando di 37 euro lordi – e con aumenti posticipati di 15 mesi e senza reotrattività. Oltretutto, lasciando fuori il 95% delle imprese dagli aumenti si farebbe quello che io chiamo un “contratto con la valigia in mano”, cioè si andrebbe a una migrazione di massa delle aziende fuori dalle regole nazionali, salariali e poi normative.

Lei è sempre stato tra i più decisi sostenitori nel sindacato del rafforzamento della contrattazione aziendale. Non può essere quella l’occasione?

Ma il ruolo del contratto nazionale va assolutamente preservato. Si tratta di difendere il contratto di tutti, senza lasciare per strada buona parte dei lavoratori. Dico sì al cambiamento purché sia inclusivo. Molte aziende sono affezionate al solo contratto nazionale perché non vogliono un ruolo vivo e vitale del sindacato in azienda. Poi, se c’è davvero l’obiettivo di diffondere il secondo livello, bisogna superare il dogma di Federmeccanica contro i contratti territoriali. Oggi infatti il 63% delle aziende meccaniche, le piccole imprese, il contratto aziendale non ce l’ha. Infine, la proposta presentata non dà nessuna garanzia di collegare gli accordi aziendali alla produttività, che è ciò di cui abbiamo più bisogno per rafforzare gli investimenti, aumentare i salari e spingere l’occupazione. Se abbiamo obiettivi comuni, allora basta col rileggere le proprie piattaforme: costruiamo insieme il contratto.

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