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Bentivogli: Bufale, un bagno d’umiltà per partiti e giornalisti – L’Unità

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I genitori dei “bufalari”.

Un bagno di umiltà per partiti e giornalisti

di Marco Bentivogli  

Pubblicato su L’Unità, 7 gennaio 2017

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Rispettare le regole che consentono l’esercizio pieno della democrazia è la base stessa della democrazia. Questo rispetto dovrebbe sempre superare il bisogno di consenso che altrimenti diventa finto, artefatto. È la verità su cui si fonda la democrazia, e non quest’ultima che certifica la “verità”. È evidente che la difesa delle bufale, e del giro economico ad esse collegato, non è stato eretto a custodia della libertà di espressione, ma è piuttosto un modo di denigrare il prossimo senza assumersene la responsabilità. Del resto, lo stesso Grillo, ai tempi di Visco, fece barricate affinché si ritirasse quel saggio provvedimento che prevedeva la pubblicazione, online, dei redditi di chiunque. E oggi un numero di persone inferiori agli abitanti di Monterotondo approva un codice “etico”, senza neanche il quorum (la maggioranza più uno) degli iscritti ad un blog di un’azienda privata, che di sicuro non potrà mai sostituire quel perimetro di garanzie già definito dalla Costituzione. Quella stessa Costituzione già dimenticata, ad appena un mese dal referendum, dai nuovi partigiani digitali. Si parla tanto di post-verità, ma cosa dire di una verità che è diventata “stagionale”?

Dopo aver ucciso la verità, la caccia dei colpevoli non può essere un esercizio così banale. Un tempo “la verità” era scritta sui giornali, poi diventò quella annunciata dalla radio e dalla tv, fino ad arrivare ad oggi in cui il veicolo di verità nella vulgata popolare è diventato il mondo dei social.

Si dice che, grazie all’alto tasso di diffusione degli “analfabeti funzionali” (così vengono definite le persone restie ad affrontare un ragionamento di media difficoltà e a scrivere un proprio pensiero), i social illudono legioni di “neo-ignoranti” di potersi definire “informati” tramite la sola lettura del titolo di una notizia (o comunque non più di tre righe) o addirittura tramite la sola visione di una foto che diventa virale in rete. O che confondono l’informazione con l’odio verso chi la pensa diversamente, come nella peggior specie di tifo calcistico.

Anche i più ingenui sanno che non esiste spontaneità nella propagazione delle bufale. È disponibile l’inchiesta del portale americano Buzzfeed dove si evidenziava il legame tra il Movimento 5 stelle e un network di siti specializzati nella diffusione di notizie false e teorie complottiste. Altri partiti italiani utilizzano bufale per diffondere notizie false sui migranti. Alcune inchieste hanno evidenziato come questi siti acchiappa-clic (che sono soliti distorcere titoli di testate vere) siano collegati a siti “pay for clic” con sponsorizzazioni che assicurano fino a 10.000 dollari di guadagno al giorno, senza controlli e con zero spese.

Tutti i movimenti populisti della storia non sono di certo interessati ad accendere la testa delle persone, ma il loro stomaco, e per questo tendono a distruggere il prima possibile il confine tra il vero e il falso. Perché intanto saranno veramente pochissimi quelli che si prenderanno il disturbo di controllare la fonte e la veridicità della notizia e il risultato sarà che l’odio e la paura si propagheranno più velocemente e contageranno sempre più persone. Si parte con follower e I like comprati (quanti personaggi pubblici lo fanno?).

A monte c’è un grave problema, a mio avviso, di cui tutti evitano di parlare: è possibile che si presenti alle elezioni un movimento che si sente libero di non sottostare al titolo IV della Costituzione italiana, senza la registrazione di uno Statuto democratico e i cui parlamentari o amministratori locali invece di “rappresentare la nazione senza vincolo di mandato” (art. 67), debbano sottoscrivere un contratto – comprensivo di penali – con un’azienda privata? Fecero più scandalo i rapporti tra Pubblitalia e gli elettori di Forza Italia eppure, per quanto discutibili, erano poca cosa rispetto a legami così vincolanti. A livello comunicativo (e non solo) il grande rischio è una pericolosa assuefazione alla violenza con cui in rete gli attivisti digitali minacciano chiunque non la pensi come loro. Persino loro familiari.

Al M5S pare essere consentito tutto. Anche forme più o meno esplicite di violenza. Mi sono sforzato di capire il perché. In fondo una spiegazione c’è: il M5S è il figlio naturale, anche se illegittimo, dei partiti e del mondo dell’informazione italiana. Tutti i partiti, e soprattutto le élite, hanno talmente deluso ogni aspettativa che anche i più operosi e consapevoli si sono alleati con i rancorosi. Si sa, la corruzione sembra inestirpabile per quanto è radicata e diffusa tra rappresentanti e rappresentati. Ma per le persone “l’antipolitica” è divenuta un’arma per annullare la propria responsabilità personale. Come il personaggio “Napalm51” di Crozza o tragici esempi di disperazione come quello di quell’uomo che nel 2013 sparò a un carabiniere davanti al Parlamento, dopo che aveva dilapidato lavoro e risparmi alle slot, ed essere stato lasciato dalla moglie che lavorava nei campi a 700 euro in nero.

Ma le persone non sono tutte così. C’è chi si aspetta il cambiamento non dai comici o dagli xenofobi, ma da gruppi dirigenti che – con umiltà e senso dell’etica – diano un vero segnale di discontinuità, capaci – una volta arrivati al potere – di non dividere il mondo in nemici e amici, piazzando gli amici nei posti chiave. Che capiscano veramente l’onore e l’onere di rappresentare le persone e le energie migliori del Paese.

Ma la paternità di certi movimenti, i partiti la condividono con il mondo dell’informazione italiana. Certo, con lodevoli eccezioni. Non voglio generalizzare. Ma ha ragione Grillo quando dice di voler condividere con altri la genesi delle bufale. Non è meno grave la definizione di palinsesti-fotocopia, di “eventifici” e “personaggifici” in cui grandi giornali e tv si sono spesso trasformati, lontani dai fatti e dalle persone reali. Quanti operatori dei media hanno puntato non dico sulla qualità ma sulle regole basilari e un minimo di pluralismo d’informazione? Programmi di intrattenimento che squalificano il buon nome della cultura italiana o talk-show che provocano quella finta indignazione che consolida la più sedimentata rassegnazione.

L’annuncio di querela a Grillo (poi ritrattata) da parte di Mentana è l’esempio imbarazzante di un gioco di specchi che ha mostrato che il tema era solo di onorabilità professionale personale in cui la reciprocità si è giocata nel considerare fessi da un lato i propri elettori e dall’altro i telespettatori del Tg La7. Che delusione…

La questione della credibilità del pulpito da cui muove Grillo non annulla la questione della libertà di informazione italiana né la sua scarsa qualità. Servilismi con i Governi e conformismi con le opposizioni sono aspetti della stessa malattia. Arrivare primi alle no-stop sulle breaking-news può essere utile, ma non fai il tuo lavoro fino in fondo se non parli con rispetto e pluralismo del lavoro, se non dici ad esempio neanche una parola sul rinnovo del Contratto nazionale più grande del lavoro privato, quello dei metalmeccanici (eppure alle assemblee hanno partecipato 600mila persona e votato in 350mila, dieci volte i votanti del blog di Grillo). Se in Corea un milione e cinquecentomila persone hanno mandato al tappeto una presidente liberticida sostenuta dalla Samsung, e non viene data neanche la notizia, come se non fosse accaduto nulla. Sono tantissime le vertenze, le storie e le manifestazioni di lavoratori che non fanno notizia.

Ah! Ma forse è questo il guaio: viene considerato pericoloso chi, lontano dai riflettori, prova a risolvere – spesso riuscendoci pure – le cose che non vanno. Perché rompe il giochino di quelli per cui è sempre meglio raccontare che tutto va male, far crescere i frutti amari della narrazione di sventura, e poi criticare anche i propri frutti, dopo averli innaffiati quotidianamente. Ecco, meno arroganza e onnipotenza e tanta umiltà farebbero fare un passo avanti all’informazione, ne abbiamo un urgente gran bisogno per disincagliare il Paese. Anche perché gli under 35 non vedono più tv e non leggono da tempo i giornali e presto molleranno anche i social istigatori e ingannevoli.

 

 

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