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Memorandum di Istanbul

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Istanbul

Memorandum di Istanbul

 Noi, sindacati metalmeccanici dei paesi europei dell’area mediterranea, riuniti a Istanbul dal 3 al 5 maggio 2017, condividiamo l’idea di continuare questo cammino comune appena intrapreso.

Le profonde disuguaglianze esistenti nella regione, accentuatesi paradossalmente nell’ambito di un processo d’integrazione europea – tuttora inconcluso – che ha perso la sua spinta verso politiche di convergenza economica e sociale dei singoli paesi (membri o candidati UE) devono essere combattute. Cosi come lo strabismo che ha fatto perdere all’Europa il Mediterraneo, un’area considerata a torto ai margini della globalizzazione. Un’area che, viceversa, torna a essere una regione strategica più per il protagonismo di paesi come Cina, India e Russia, che per un rinnovato interesse dell’UE. 

Un’area, però, lacerata al contempo da guerre e terrorismo, incapace di gestire le tensioni internazionali senza il ricorso delle armi e non in grado di far fronte alla crisi dei rifugiati e al fenomeno migratorio. Il mar Mediterraneo da crocevia delle civilizzazioni si è trasformato in un luogo di morte. La domanda di pace, la difesa delle istanze di democrazia e libertà, il rispetto dei diritti dei migranti costituiscono quindi, anche per il sindacalismo, lo spartiacque tra civiltà o barbarie.

In questo complicato contesto geo-politico, pur esistendo differenze culturali e concezioni sindacali diverse, i problemi e le sfide per i lavoratori metalmeccanici sono gli stessi: dal peso crescente delle imprese multinazionali alla digitalizzazione, dalla crescente precarizzazione dei rapporti di lavoro alle catene globali d’approvvigionamento e sub-fornitura, dalla crescita della produttività per ora lavorata a un salario dignitoso, dalla robotizzazione alla difesa dell’occupazione ecc.

A stesse sfide e stessi problemi per i lavoratori metalmeccanici dell’area euro-mediterranea, non corrispondono (però) nei diversi paesi, stessi sistemi di relazioni industriali, di contrattazione collettiva e di welfare. Non ci sono, quindi, né analoghi strumenti per far fronte alle politiche delle imprese, né la stessa forza sindacale. Forza misurabile attraverso due indicatori: quello della “densità sindacale” (numero d’iscritti ai sindacati sul totale della forza lavoro) e quello della “copertura contrattuale” (percentuale dei lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva).

Ma dall’analisi di quanto avviene in ciascun paese emerge che l’andamento negativo di questi due indicatori coinvolge, nell’area euro-mediterranea, sia le economie colpite pesantemente dalla crisi (come Grecia, Portogallo, Italia e Spagna), sia un paese come la Turchia che ha registrato una crescita economica eccezionale, un aumento della produzione industriale e del commercio globale su cifre impensabili. Mentre i profitti aziendali sono esplosi, anche in Turchia la ripartizione della ricchezza verso i lavoratori è diminuita.

Ciò è causa d’ingiustizia, di concentrazione della ricchezza e di crescita delle disuguaglianze sociali, anche alla presenza di una forte espansione economica. Per questo come classe lavoratrice non possiamo dividerci in base agli interessi nazionali. Come sindacati nazionali abbiamo bisogno ognuno dell’altro, agendo sempre più fuori dai nostri confini, coordinandoci tra noi. In questa prospettiva abbiamo bisogno di cambiare sul piano organizzativo, favorendo la partecipazione e la democrazia. E dobbiamo organizzare la solidarietà tra i lavoratori in modo permanente, qualsiasi sia il paese di appartenenza. La nostra forza futura deriverà, infatti, dalla solidarietà e unità di azione che riusciremo a costruire.

È il momento di darsi da fare per costruire nuovi ponti e abbattere i vecchi e nuovi muri, in primo luogo tra i lavoratori e i sindacati metalmeccanici della regione euro-mediterranea. Nel momento che gli interessi del capitale e delle imprese multinazionali trascendono gli stati-nazione, l’azione sindacale per essere efficace deve riuscire ad articolarsi dai luoghi di lavoro allo spazio globale. Un sindacalismo, quindi, ancorato ai luoghi di lavoro, con i piedi saldi sui pavimenti delle fabbriche, degli uffici, dei centri di ricerca, delle piattaforme di logistica ecc.

Comprendendo, innanzitutto, che le politiche aziendali, le scelte d’investimento, i nuovi sistemi di produzione, i cambiamenti tecnologici e organizzativi, l’ergonomia ecc. attuate dalle imprese sono identiche nei vari paesi. Però, mentre ciascun’impresa multinazionale agisce su scala globale come una One Big Company, i sindacati a livello di ciascun paese reagiscono in modo frammentato e spesso divisi tra di loro. Lo spirito con cui usciamo da questa conferenza di Istanbul è, pertanto, quello di arrivare a parlare anche noi con una sola voce: diventare una One Big Union in ciascun’One Big Company in coerenza con il piano d’azione di IndustriALL Global Union.

Per far questo dobbiamo, innanzitutto, conoscerci e capire la situazione di lavoro e contrattuale in tutte le nostre realtà, aiutarci e scambiarci le esperienze, trovare una base di azione comune e condivisa tra di noi. La Conferenza ha individuato tre ambiti di lavoro:

  1. contrattazione collettiva aziendale e di settore (monitorare evoluzione dei contenuti e dell’estensione della copertura contrattuale, scambiare informazioni ed esperienze, coordinare azioni di solidarietà);
  2. imprese multinazionali (mappatura della loro presenza nell’area mediterranea, compresa sponda africana e medio-orientale, creazione di nuovi CAE e rafforzamento di quelli esistenti, creazione e potenziamento delle Reti Sindacali Globali, negoziazione e implementazione dei GFAs – Global Framework Agreement, campagne di solidarietà);
  3. politiche industriali e di settore (monitorare le politiche di scambio commerciale nell’area mediterranea e le politiche d’investimento nei settori automotive, aerospaziale, elettrodomestico, elettronica e ICT, siderurgia ecc.)

Per realizzare questo lavoro si propone di:

  1. creare una segreteria tecnica a Izmir (Turchia) e un osservatorio a Roma (Italia) – presso SindNova – sull’industria metalmeccanica nell’area mediterranea;
  2. formare un gruppo di pilotaggio con un rappresentante di ciascun sindacato disponibile che si riunisca a Izmir entro luglio per preparare il piano di lavoro fino alla realizzazione della prossima Conferenza Euro-Mediterranea nel maggio 2018.

Questo lavoro sarà un “cantiere aperto” al contributo e coinvolgimento di tutti i sindacati metalmeccanici dell’area. Sia di coloro che, pur manifestando il loro interesse alla Conferenza, non hanno potuto partecipare per ragioni organizzative; sia di quanti non hanno condiviso la natura e il senso. La Conferenza di Istanbul ha espresso la volontà di tutti i partecipanti di lavorare in una logica unitaria, d’inclusione e di rispetto del pluralismo esistente nella regione e nei singoli paesi.

Istanbul 5 maggio 2017

TRADE UNION SIGNATORIES OF THE ISTANBUL MEMORANDUM

BOSNIA-ERZEGOVINA

SMBIH – Metal Workers’ Union of Federation of Bosnia and Herzegovina

FRANCE

FGMM-CFDT

ITALY

FIM-CISL

KOSSOVO

SPMH

MONTENEGRO

FTUMM – Trade Union of Metalworkers of Montenegro

SERBIA

Autonomous Metal Workers Union of Serbia AMUS

IER Nezavisnost

Serbian Trade Union of Industry 

SPAIN

FICA-UGT

USO Industry

TURKEY

TURK Metal

Memorandum di Istanbul (IT) testo finale

Memorandum di Istanbul (IT) testo finaleIstanbul Memorandum (EN) definitive