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Racconto di un paese che guarda con fiducia al futuro dopo anni di miseria

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Roma 22 giugno, la città eterna divisa tra sacro e profano; festa del Corpus Domini e concerto dei Rollig Stones. Via Appia è deserta, l’onda verde dei semafori e il fumo continuo della sigaretta di Gianfranco che si mescola all’aria gelida del condizionatore ci accompagnano fino all’aeroporto di Ciampino.
Direzione Wroclaw, Slesia, Polonia. Nome facile, pronuncia quasi impossibile per noi Italiani; una città di 800 mila abitanti di cui ignoravo l’esistenza e invece scopro che nel 2016 sarà città Europea della cultura, la città polacca più tedesca della Polonia ci dicono.
All’arrivo, appena scendendiamo dall’aereo, il vento gelido ci dice che siamo ad un’altra latitudine, il mediterraneo è lontano; l’aeroporto, dedicato a Copernico, è nuovissimo, acciaio e vetro.
All’uscita ci sta aspetta …..con un cartello in mano FIM CISL –Solidarnosc : Gasbarro – Bisegna, dopo un breve saluto e il tempo di una sigaretta, una Fiat Stilo ci accompagna all’albergo, il cielo grigio come il piombo, minaccia pioggia. Correndo lungo la strada, cantieri edili, asfalto nuovo, aiuole e marciapiedi appena fatti, piste ciclabili, tutto sembra dirci che la città è in pieno fermento.

L’albergo è un cubo di alluminio, non è modernissimo, edilizia da Germania dell’est, razionale e austero, ma con qualche ammodernamento degli ultimi anni, i sorrisi del personale contribuiscono a renderlo accogliente, a poca distanza il grattacielo in vetro e marmo dell’ HP – scopriremo poi che molte aziende dell’high tech hanno una sede a Wroclaw: Google, Opera, Microsoft, etc – poco lontano un palazzo, da poco ristrutturato sormontato dalle scritte BOSCH e CANON, mentre un grattacielo, una torre in vetro scuro svetta alta sopra il nostro albergo, quasi a fargli ombra, Bartłomieja ci dice che il grattacielo ha al suo interno un centro commerciale con palestre, mentre ai piani alti, uffici e appartamenti di lusso. L’edificio doveva essere più alto, ma due anni fa i costruttori dovettero rivedere il progetto, lasciandolo così, monco, ma comunque di un altezza considerevole.

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Ci ritroviamo poco dopo nella hall dell’albergo insieme a tutta la delegazione straniera: Ulrich Elkelmann, general Segretary IndustriALL Europe Trade Union, Jiri Hartvich e Jozef Balica, dell’ OS KOVO Repubblica Ceca; Blandine Landas della CFDT, Francia che subito ci chiede di Gianni Alioti, Béla Balogh, presidente del VASAS, insieme a Balàzs Bàbel dall’Ungheria, Mats Svensson dell’IF Metal della Svezia, Oliver Hobel dell’IG Metall dalla Germania, Marija Varasimaviciene del LIT Metal Lituania e Jòzef Niemiec segretario generale ETUC del Belgio.
Si va a cena, partenza in tram, linea 17, Gianfranco mi fa notare un adesivo propagandistico contro gli immigrati e degli “Zorlabialenco”; mi viene da pensare che il benessere porta ovunque la paura che qualcuno più povero possa togliertelo, incredibile.

Cena al ristorante “La Pergola” al Centennial Hall, l’opera fu costruita nel 1913 per celebrare il centenario della battaglia di Lipsia, quando la città era parte dell’Impero tedesco, fotogrammi della scuola media mi tornano alla mente. All’ingresso ci accoglie la gigantografia del Macbeth di Giuseppe Verdi: “is italian!”. Sorrido e penso, siamo proprio un popolo di disgraziati, tanto talento, tanta arte, tanta capacità ma…lasciamo perdere!
Entriamo nel ristorante, ad accoglierci ancora una volta frammenti d’Italia: “Caffè Alfredo” mai sentito, ma mi giurano sia italiano, camerieri in camicia nera con il logo “Martini” e sul bancone del bar svetta imponente una macchina da caffè Astoria.
Tavolata bianco neve bellamente apparecchiata, ci sediamo vicino agli amici ungheresi e francesi.
Una parete di vetro ci divide dalla veranda piena di coppie, chi più chi meno appassionate sorseggiano caffè o birra, con l’odore della pioggia nell’aria e il clima non proprio mite, almeno per noi non è la serata più indicata per stare all’aperto.
“Smacznego”, buon appetito: zuppa ai funghi, pane tostato, carne, crauti e patate, pane e caraffa di acqua con limone e menta, una moda a quanto pare. Gianfranco, noto amante di pasta, mi guarda perplesso con l’occhio di chi dice: “e mò?” Ma ci da sotto ugualmente e anzi si gira pure a dirmi “bona!”.
A cena, nonostante la babele di lingue, si parla un po’ di tutto: c’è interesse per le prossime mosse dell’Europa dopo il recente voto delle Europee – ma non ci si sbilancia troppo – , tutti parlano della necessità di una politica industriale europea e di un sistema di credito più efficiente. Parlando con Bartłomieja provo ad accennare su cosa ne pensano dello scandalo Vistulagate – legato alle intercettazioni pubblicate dal settimanale Wprost e che ha travolto il ministro degli esteri Sikorski -, accenno anche a quello che sta succedendo in Ucraina, ma capisco che di politica, specie di quella interna, preferiscono non parlarne.
Margherita, una donna che qui in Italia si direbbe di altri tempi, divide la vita tra famiglia, lavoro in fabbrica e impegno sindacale, quasi vicina ai sessanta, guance rosse e occhi azzurrissimi, in vestito da festa. Ci parla di quando è venuta a Varese per la Whirpool – a Wroclaw c’è un grosso stabilimento – , ci parla di Siena e Milano, quando parla dell’Italia gli brillano gli occhi. Ci parla dello stabilimento Whirpool in cui lavora e ci dice che le cose non vanno male: “speriamo nel futuro e in altri investimenti” dice “certo, le condizioni non sono come da voi, ma abbiamo fiducia nel futuro”. Quanti siete, gli chiediamo “Circa 2000 con contratto fisso, più altri 1000 con un contratto precario, come dite voi, ma va bene lo stesso. Abbiamo speranza, ci sono molte aziende di elettrodomestici che si stanno trasferendo qui in Polonia, crediamo che ci sia spazio per dare stabilità a tutti”. Un ottimismo quello di Margherita, che fa eco con una nazione che sta vivendo una fase di piena espansione economica.
Si parla anche del Congresso, due candidati, uno è con noi a cena, è Adam Ditmer, è stato già presidente dei meccanici, l’altro, l’attuale, Bogdan Szozda, non sembrano preoccupati, ma se la giocano alla pari, dicono. Boh!

Nel frattempo lo spazio adiacente la “Pergola” comincia a riempirsi di comitive: anziani e giovani, che nonostante la pioggia si accalcano davanti alla fontana multimediale – Margherita ci invita a uscire – “tra poco” ci dice in un’improbabile inglese, peggio del mio, misto a qualcosa di spagnolo, “ci sarà lo spettacolo dedicato a Papa Jovanni Paulo II, il papa polacco”. La fontana si illumina e dalle imponenti casse poste davanti alla fontana esce la voce di Papa Giovanni Paolo II : giochi di luce e acqua dalla fontana multimediale e l’ologramma del Papa che si staglia sull’imponente nuvola d’acqua.
E’ l’omaggio, al Papa, ma soprattutto all’uomo che più di altri ha contribuito alla nascita dell’attuale Polonia e ce l’hanno voluto far vedere.
Usciamo dal Centennial Hall, è terminato anche il Macbeth, non piove più, la gente ride e scherza, riprendiamo il tram, si torna verso l’albergo.

“Drien Dobry”, buongiorno. Spilla della Fim Cisl al petto, colazione internazionale, scambi di sorrisi, si parte. Insieme a noi, Cynthia, l’interprete. Saliamo sul pulmino, il Congresso si terrà in una cittadina poco lontana, quasi un’ora da Wroclaw, a Trzebnica. Attraversiamo la città e l’Oder, direzione sud, la campagna è verdissima e ordinata è una bella giornata di sole. Cynthia, ci parla un po’ di lei, ha un fratello sposato in Italia, lei ha studiato e vissuto a Roma, ha una figlia, anch’essa sposata, non hanno figli, ma lavorano entrambi. Mi sta simpatica, ha un tono di voce simpatico, quasi mi ricorda la mia professoressa dell’università.
Veniamo accolti da Bogdan Zozda, ci abbraccia, il tempo di un caffè e una sigaretta per Gianfranco.

Jeszcze Polska nie zginęła
Kiedy my żyjemy,
Co nam obca przemoc wzięła,
Szablą odbierzemy…

La Polonia non morirà
finché noi vivremo
Ciò che la violenza straniera ci ha tolto
noi con la sciabola ci riprenderemo…

E’ con le parole dell’Inno Polacco, che si apre il congresso, tutti in piedi, tutti cantano, l’inno venne scritto a Reggio Emilia nel 1797, poi dici i casi della storia!
Subito dopo Bogdan e tutti i novantacinque delegati, poche donne, all’unisono intonano: Ojcze nasz, któryś jest w niebie… Padre nostro che sei nei cieli…
Inizia il Congresso. Ci hanno riservato un tavolo “guest”.
Bogdan ci saluta uno per uno, dopo aver spiegato le modalità organizzative del congresso lascia la parola al sindaco di Trzebnica, non ricordo il nome, è seduto di fronte a noi, ci guarda, sorride e nella traduzione differita di qualche secondo di Cynthia dice: “Sono felice che Solidarność abbia scelto nostra città per il congresso. La nostra cittadina è specializzata nella chirurgia e nella medicina, ma ci sono anche tante piccole aziende, crediamo che grazie a quello che voi fate, al ruolo del sindacato e a condizioni politiche stabili si creano le giuste condizioni per attrarre lavoro”. Penso che non ci sarebbe quasi da aggiungere altro!
Bogdan lascia quindi spazio ai saluti della delegazione estera, il primo ad intervenire è Ulrich Eckelmann, segretario generale di IndustriAll European. Occhialetti tondi e giacca scura, tedesco, dall’aspetto sembra più un manager che un sindacalista, ma questa la tengo per me. Interviene parlando in inglese, parla della situazione dell’Europa, della crisi e della disoccupazione: un terzo dei giovani Europei sono senza lavoro, dobbiamo fare di più. Ricorda la manifestazione di ottobre. “Bisogna reagire” dice “serve un cambiamento drastico, il progetto Europeo va sostenuto, dobbiamo lavorare insieme al patto sociale europeo alzare gli stipendi e migliorare le condizioni di lavoro nell’Unione, anche attraverso fondi speciali. Servono politiche comuni per l’energia e sulle telecomunicazioni e la riduzione delle speculazioni finanziarie”. Seguono poi sulla stessa linea gli interventi di Olivier Hobel Ig Metall, mentre Béla Balog presidente del VASAS dell’Ungheria, dice: “Abbiamo storie comuni, con Solidarność, crediamo nell’Europa. Solidarietà è la parola chiave”.
Interviene anche Gianfranco, questa volta mi godo la diretta, della lingua, Cynthia traduce in Polacco, l’intervento di Gianfranco, che dopo un breve saluto e un richiamo all’amicizia sin dalle origini tra la Fim e Solidarność, parla della necessità di politiche industriali europee, senza industria non usciamo dalla crisi. In Italia, dice, “la Fim sta lavorando all’accorpamento di vari settori, puntiamo a creare un grande soggetto sindacale unico per l’industria”.
Bogdan, abbraccia Gianfranco e lo ringrazia, non lo aveva fatto con nessuno, guarda anche me e mi accenna un sorriso, ci capiamo senza parlare.
Dopo l’ascolto dei report delle commissioni e l’insediamento della commissione elettorale la breve relazione di Bogdan Zozda, che dice che non è necessario ripetere cose che già erano state dette nelle commissioni e nelle riunioni che avevano preceduto il Congresso, di 105 delegati ne sono presenti 95, parla della necessità di un’Europa più solidale e dello sviluppo di una politica industriale Europea, facendo riferimento all’intervento di Gianfranco, dice quello che ha detto l’amico italiano della Fim “solo attraverso l’industria si esce dalla crisi”. Su questo punto, racconta: fino a qualche anno fa, quando si parlava di “politica industriale” i delegati, non capivano, erano più presi dalle vicende interne alle loro aziende, oggi tutti hanno capito che il futuro si gioca su questo fronte, anche se la lingua per noi è ancora una barriera, dobbiamo investire – dice ai suoi – in formazione, per avere un ruolo più importante in Europa, in ricerca, dobbiamo pensare ai nostri giovani. Penso all’Italia. Lo sviluppo del lavoro richiede lavoro e sinergia, il datore di lavoro non è il nostro avversario. Nel 2016 celebreremo i 25 anni di Solidarność – aggiunge – cominciate a raccogliere documenti e materiali sulla nostra storia, faremo una grande festa.
Interviene anche l’altro candidato alla carica di presidente: Adam Ditmer, fa un intervento brevissimo, non ricordo nulla, ma si capisce che forse è stato trovato un accordo, i due si stringono la mano. Si aprono le procedure di voto.
La sala è in gran fermento, ma prima dello spoglio delle schede, una squadra di camerieri e cameriere rimuovono i separé, quattro tavoli lunghissimi dall’altra parte della sala apparecchiati: “Smacznego”, Buon appetito, solita zuppa, Zurek, mi dice Cynthia è il nostro piatto tipico, si mortifica dicendomi che certo in Polonia non si mangia come in Italia, la guardo mentre l’assaggio e gli dico buona! Ride – scambiamo qualche chiacchiera con la solita differita della traduzione con alcuni delegati. E’ un giovane delegato, vestito nero e capelli corti, di Varsavia, mi dice, sta in un’azienda di siderurgia, non ricordo il nome dell’azienda, mangia velocemente e si scusa: “sono nella commissione di voto devo andare a dopo”.
Dopo il pranzo velocemente la sala si ricompone, tutti seduti, Margherita, presidente della commissione elettorale dice al microfono: “elekt, Bogdan Zozda” tutti in piedi, battiamo le mani. Comincia la discussione che durerà tutto il pomeriggio ma a noi viene a prenderci Dorota, la responsabile dell’internazionale, ci invita a fare un giro nella città, tutti sul pulmino direzione Wroclaw. Arrivati – la faccio breve – ci portano a visitare la città, la prima cosa che ci fanno vedere è il monumentale dipinto di Raclawice, un panorama, un’opera pittorica che si sviluppa tutta intorno e racconta la battaglia di Raclawice, uno dei primi episodi della insurrezione di Kościuszko, l’attuale Wroclaw contro i Russi. Insieme a noi un gruppo di studenti. Il dipinto racconta l’orgoglio nazionale, fu restaurato e reso visibile al pubblico nel 1980 periodo degli scioperi nei cantieri navali di Danzica e della fondazione di Solidarność. Non è un caso che ce lo facciano vedere per primo, se capitate a Wroclaw, andate a vederlo, ne vale la pena. Usciamo in silenzio, quel silenzio dovuto ad un luogo sacro. In fila all’uscita altre scolaresche. L’orgoglio e la fiducia per le proprie capacità e per la nazionale si coltiva anche a scuola, la Polonia ci prova.
Seconda tappa, poco lontana, un piccolo sacrario dedicato al massacro di Katyn, era il 1940 nella foresta di Katyn, vennero assassinati, con un colpo alla nuca, 22.000 prigionieri di guerra su ordine di Stalin. La Guerra a ogni latitudine fa schifo. Quando si critica il progetto Europeo bisognerebbe ogni tanto ricordare cos’è accaduto in Europa per decenni, la pace va coltivata se viene lasciata a se stessa, prima o poi le erbacce soffocano le piante buone.
Via di corsa per fotogrammi: Cattedrale di San Giovanni, Piazza del mercato, Piazza del Sale…cena…zuppa.
Ripartiamo da questo paese, con il gusto dolce delle ciliegie comprate da una ragazza ad una bancarella di fronte al centro commerciale Arkady e l’istallazione Jerzy Kalina lungo il viale centrale della città: statue di persone che lentamente escono dall’asfalto, è il popolo Polacco che riemerge dall’abisso della dittatura e della storia. All’aereoporto, una donna bellissima occhi verdi come smeraldo, capelli neri, lughissimi, porta con se un bambino, bello, avrà avuto un’anno, sale in aereo con noi, stringendo tra le manine un passaporto, insieme a lei un bell’uomo. Entrambi avranno avuto trent’anni, con lui due bambini, cinque, sei anni, uno con la maglia della nazionale Italiana, l’altro con una t-shirt: I Love Polska. Lui Polacco, Lei Italiana. E’ Il futuro.
La Polonia è un paese che sta vivendo una stagione di crescita tumultuosa, speriamo che il popolo polacco sappia gestire il benessere che sta vivendo con equilibrio, non è facile. Le sbornie lasciano sempre il cerchio alla testa e mal di pancia; noi ne sappiamo qualcosa. Speriamo la Polonia, insieme all’Europa sappia tenere duro gestire questa fase e contribuire al grande progetto Europeo, come unica grande nazioni di stati.