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Per un nuovo protagonismo europeista del sindacato

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E’ la fine di febbraio del 2014, quando Barbara Spinelli pubblica un articolo su Repubblica “Gli invisibili dell’Europa”(1). Le parole iniziali dell’articolo sono un pugno forte e dritto allo stomaco. Riprendono una frase detta il 29 aprile 2013 al Wall Street Journal da Pier Carlo Padoan: “Il dolore produce risultati”(2). L’articolo della Spinelli prosegue: “Gia’ allora i dati sull’economia reale smentivano una così impudente glorificazione dell’austerità – e addirittura dei patimenti sociali che infliggeva […]. Più che correggersi, il ministro farebbe bene a scusarsi […]”.

Pier Carlo Padoan, nominato in quei giorni ministro dell’economia e finanza del Governo italiano, non si e’ mai scusato per quella frase. A questo si deve il sarcasmo con cui mi rivolgo alla sua persona, nel rispondere all’email inviatoci in rete Fim dall’amico Rosario Iaccarino, con in allegato l’articolo-denuncia di Barbara Spinelli.

“E’ da 30 anni che «la strada per l’inferno è lastricata dalle buone intenzioni» dei responsabili di FMI, BM e OMC in giro per il mondo. E la stessa cosa da 5 anni in Europa, con la Troika formata da BCE, CE e FMI. Ma mentre gli economisti dopo la “grande depressione” del ’29 riconobbero i loro errori, cosa dobbiamo aspettarci da persone come il ministro “Padoan”, uno dei responsabili FMI per il default dell’Argentina? E dopo «i suoi grandi meriti» è passato ad occuparsi – sempre per il FMI – dell’economia di Grecia e Portogallo………..”.

Per poi approdare nel 2007 in ruoli di responsabilità all’Ocse. Incarico che fa dire al premio Nobel per l’economia Paul Krugman, riferendosi a Padoan, la celebre frase sul “New York Times”: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse».

E a proposito del ruolo, coperto da Padoan, di direttore esecutivo nel FMI dal 2001 al 2005 con delega su Grecia e Portogallo, Paul Krugman scrive anche un altro articolo, in cui attribuisce proprio alle ricette economiche suggerite – dal nostro attuale ministro – la successiva crisi economica nei due paesi mediterranei.

Se il mio commento scritto un anno fa nei confronti di Pier Carlo Padoan, può sembrare irriverente – oltre che sarcastico – fatevene una ragione. Forse e’ solo refrattarietà congenita verso un economista e politico di formazione marxista, che dopo aver criticato Keynes si e’ ritrovato sempre a sostenere le peggiori politiche liberiste spurie degli organismi internazionali. O forse insofferenza per la sua amicizia con Massimo D’Alema, per cui ha fatto il direttore della sua fondazione di cultura politica Italianieuropei … O forse, perché non sopporto più gli ipocriti negazionisti del disastro sociale e umanitario che le politiche economiche della Troika hanno prodotto in Grecia e in altri paesi europei.

Ma il mio commento se e’ sferzante verso il ministro dell’economia e finanza, fortemente voluto al Governo da Giorgio Napolitano, diventa persino impietoso nei confronti della CISL e della sua conduzione politica di allora sulle questioni internazionali.

“La mia è solo una supplenza alla rinuncia – pressoché totale della CISL nazionale – non solo di giocare la partita europea sul piano politico-sindacale, ma persino di comunicare alle strutture le decisioni prese nell’ambito del sindacato europeo e le iniziative programmate.

Possiamo ironicamente dire che la CISL di Via Po ha anticipato (nei fatti non nelle chiacchiere) la scelta di uscire dall’Europa………..chiudendo con il protagonismo europeista e internazionalista di Giulio Pastore. Non solo aveva aderito al “manifesto federalista di Ventotene” sugli Stati Uniti d’Europa, ma – prima che nascesse nel 1950 la CISL in Italia – era stato nel 1948 e ’49 tra i principali protagonisti della fondazione della CISL Internazionale.

La mia – come ho modo di ripetere – non è nostalgia per il passato, ma «saudade» per il futuro. Futuro che dobbiamo costruire con «la presenza dell’assenza» di leader sindacali, di giganti che non ci sono più.
Mai nella nostra storia sindacale siamo stati così in basso – come CISL – nella gestione delle politiche europee e internazionali. E i limiti non sono nella comunicazione. Al contrario! Gli strumenti confederali di comunicazione – dalla carta stampata al web, dai social network a labor tv – sono una miniera di informazioni, inchieste, analisi, denunce, riflessioni, narrazioni, proposte sulla dimensione europea e internazionale dell’azione sindacale. Ma quello che la gestione della comunicazione non può fare è riempire il vuoto di direzione politica e d’iniziativa della nostra confederazione”.

A un anno di distanza da quella critica impietosa al mio sindacato, alla quale nessuno dei destinatari ai massimi livelli dell’organizzazione ebbe la dignità di rispondermi, con il seminario del 27 febbraio al Centro Studi di Firenze registro un’inversione di rotta (3 e 4). Il gruppo dirigente della CISL, “dopo anni di colpevole disattenzione all’impegno europeo e internazionale (tranne alcune eccezioni), ha riportato alla luce le sue origini e riproposto con forza l’unita’ politica dell’Europa, come antidoto alla deriva tecnocratica e alle spinte nazionalistiche-xenofobe”. Lo riconosco nella news scritta sabato 28 febbraio 2015 per il web della Fim-Cisl.

“[…] A distanza di oltre 60 anni da quel congresso [Napoli 1951] siamo lontani dall’approdo europeista auspicato da Giulio Pastore e Mario Romani e dai federalisti. E tutti i nodi irrisolti del processo di unificazione europea stanno facendo implodere l’edificio comunitario e minano la stessa idea di Europa. Il deficit di democrazia fa crescere la distanza tra cittadini e istituzioni e la mancanza di solidarietà tra i paesi membri regala ai mercati finanziari la speculazione sui debiti sovrani […]”.

Il seminario di studi, per la sua impostazione e qualità dei relatori intervenuti, e’ stato un momento alto di riflessione interno al nostro sindacato sull’Europa. Adesso deve tradursi, come auspicato nelle conclusioni, in iniziative dentro e fuori la CISL.

Dal 29 settembre al 2 ottobre 2015 si realizzerà a Parigi il XII Congresso della CES………… Sara’ un momento decisivo, non solo per il cambio del gruppo dirigente (la CISL insieme a CGIL e UIL sostiene la candidatura di Luca Visentini a segretario generale in sostituzione della uscente Bernadette Ségol), ma per il futuro dello stesso sindacalismo europeo.

Anche il sindacato e’ obbligato a cambiare radicalmente ai differenti livelli. E per quello europeo vale, per molti aspetti, ciò che Romano Prodi ha detto al nostro seminario del 27 febbraio a proposito della UE: «o cediamo sovranità alle istituzioni europee o si arriverà a una rottura definitiva. Non possiamo stare in mezzo al guado» (5).

Gianni Alioti

 

Articoli collegati

(1) Gli invisibili in Europa (B. Spinelli)

(2) OECD Fears Euro-Zone May Snatch Defeat From Jaws of Victory – Real Time Economics – WSJ

(3) No deciso al Fiscal Compact

(4) Nel segno della solidarietà

(5) Corriere della Sera 28:02:2015