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I GIOVANI E LA SINTONIA CHE NON C’E’ – la Repubblica 14, marzo 2018

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I GIOVANI E LA SINTONIA CHE NON C’E’

la Repubblica 14, marzo 2018

di Marco Bentivogli ( Segretario generale Fim Cisl) Alessandro Rosina  ( Professore ordinario di Demografia e Statistica sociale Università Cattolica Milano)

Arriviamo da una campagna elettorale che ha poco appassionato i giovani e che lascia risultati considerati dai giovani stessi insoddisfacenti. I dati rilevati post voto mostrano come la grande maggioranza abbia deciso negli ultimi giorni e prevalga la convinzione che non si riuscirà ad avere un governo solido.

Questo è allora il momento migliore per guardare oltre le necessità della ricerca di immediato consenso per confrontarsi in un concreto su come ridefinire le basi di un virtuoso rapporto tra piano di un virtuoso rapporto tra piano di sviluppo del Paese e ruolo delle nuove generazioni.

I dati del 2° RAPPORTO GIOVANI” dell’Istituto Toniolo mostrano come sia prevalente tra under 35 l’idea che i partiti attuali non offrano adeguato spazio alle nuove generazioni. Oltre due giovani su tre considerano la politica utile per migliorare la vita dei cittadini, ma la chiedono orientata effettivamente al bene comune. Discorso analogo vale per i sindacati. La grande maggioranza degli intervistati pensa che una forma di rappresentanza collettiva a favore dei giovani sia necessaria ma è sulla sua forma che si registra la divisione: una metà al rinnovamento, l’altra auspica qualcosa di nuovo che nasca dal basso. Per tre su quattro, tale rinnovo richiede la capacità di rimettersi in discussione con le nuove generazioni. Qui sta la differenza tra un sindacato che ha una funzione strumentale e un sindacato che rappresenti una realtà viva e aperta, in grado di porsi in modo autentico nei confronti delle nuove generazioni. Perché ciò avvenga è necessaria però una trasformazione più profonda, essenzialmente culturale, che dovrebbe poggiare su quella che chiamiamola formula delle 3R: scelte radicali, rifondative, rigeneratrici.

La definizione del rapporto tra sviluppo e nuove generazioni non può che partire da un rinnovo della capacità di rappresentanza collettiva degli interessi dei giovani e del futuro collettivo. Il sindacato può potenzialmente rispondere a questa sfida se riesce a superare limiti e criticità nel cogliere le istanze dei giovani, nel mettersi in sintonia con le loro aspettative, ma anche nel coinvolgerli in posizioni di responsabilità. Il rischio, altrimenti, è la crescita di frustrazione, sfiducia, perdita di senso di appartenenza sociale, nonché di una deriva verso forze che sanno intercettare ed esprimere solo rabbia e rancore. In altri termini, dobbiamo evitare di cadere nell’errore da cui ci ammonisce Cesare Moreno, presidente dei Maestri di Strada, l’associazione che lotta ogni giorno contro la disperazione scolastica e la marginalizzazione dei giovani: “La cultura di destra e di sinistra pensa ai giovani come un derivato delle loro condizioni sociali, delle disgrazie attraversate. Ma i giovani non sono la conseguenza del loro passato. Bisogna sognare le persone, andare verso qualcosa di nuovo”.

Il degiovanimento nel nostro Paese sta diventando un ulteriore alibi per la politica per non occuparsi della questione giovani, bisogna invece far in modo che le nuove generazioni si riapproprino della dimensione di futuro, attraverso un protagonismo immediato, nel presente. Candidarli alla panchina civile e alla lista d’attesa è il sintomo di un paese ripiegato su se stesso. E’ ora di girare pagina, con coraggio.

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