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Crisi d’Italia

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di Paolo Baroni – La Stampa – 16 gennaio 2023

La buona notizia, pur in un quadro di J crisi generalizzata, è che il numero di lavoratori coinvolti dalle crisi nel settore metalmeccanico nel secondo semestre de12022 è calato di 10 mila unità; quella cattiva, segnala l’ultimo report della Fim-Cisl che la Stampa è in grado di anticipare, è che però tutte le vertenze storiche restano irrisolte. Nei sei mesi appena trascorsi i lavoratori coinvolti a vario titolo nelle 206 crisi censite nel settore della meccanica (crisi finanziarie, di settore, d’indotto, legate alle materie prime e al conflitto Ucraina-Russia) sono infatti passati dai 70.867 di giugno ai 60.727 di fine 2022. Le difficoltà interessano in egual misura le regioni del Nord e quelle del Centro e del Sud: il record delle vertenze (38) spetta alla Campania, a seguire Lombardia (35), Sardegna (29), Puglia (28) Marche (25), Emilia Romagna (20) e Friuli Venezia Giulia con 18. Nel Lazio se ne contano 9, 8 sia in Veneto che in Liguria e 3 in Piemonte. Pur all’interno di un forte dinamismo complessivo della produzione industriale, trainata soprattutto dall’export, dal report della Fim emerge un quadro che continua a mostrare situazioni di sofferenza legate soprattutto al costo dell’energia e alla carenza di materie prime e componentistica.

I settori più colpiti «Nonostante il calo dei lavoratori coinvolti, quello che si nota nella seconda parte del 2022 – segnala lo studio – è il consolidarsi di sofferenze in alcuni settori, in particolare auto ed elettrodomestici, cui si sommano alcune filiere come quelle degli appalti e delle istallazioni, che scontano una crisi spesso legata alle gare al massimo ribasso, anche da parte degli enti pubblici che le collocano fuori mercato», come nel caso di Alpitel e dei suoi 648 occupati. Per quanto riguarda invece l’automotive, nonostante la timida ripresa delle vendite dopo 4 annidi crisi, secondo lo studio della Fim continua a pesare la scelta di fermare la produzione dei motori endotermici nel 2035 in tutt’Europa, che ovviamente sta mettendo in crisi l’indotto legato tori endotermici. A questo continua a sommarsi la carenza di semiconduttori che proseguirà nel 2023, generando una forte preoccupazione sul piano della tenuta occupazionale legata soprattutto alla massiccia presenza di componentistica nel nostro Paese (specie nei siti di Powertrain) .

Calo del mercato e carenza di semiconduttori, componenti elettroniche e materie prime stanno avendo ripercussioni anche sul settore dell’elettrodomestico, con Electrolux e Whirlpool che hanno annunciato tagli e ristrutturazioni su tutti i loro siti in Italia. Poi, per tutto il settore della meccanica, permane l’allarme per il costo dell’energia che, specie per i piccoli impianti di laminazione e fonderie, sta generando situazioni di forte sofferenza e ricorso agli ammortizzatori. Una considerazione a parte per la Fim merita l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia: nonostante le buone intenzioni manifestate l’anno passato, questo gruppo resta lontano dagli obiettivi di una ripresa produttiva e occupazionale, tanto più dopo che è stato rinviato il passaggio allo Stato della maggioranza della società. tavoli al ministero I tavoli aperti al ministero per le Imprese ed il made in Italy, dove il 18 gennaio è previsto un incontro per fare il punto della situazione, sono in tutto 51 e riguardano aziende sopra i 200 dipendenti (Blutec, Firema, Jsw Piombino ex-Lucchini, Jabil ex-Ilva, ecc.) per le quali ormai da anni stentano a decollare piani di re industrializz az ione concreti in grado di dare una prospettiva occupazionale e di sviluppo. Il 19, sempre al Mimit, è invece previsto un incontro sull’ex Ilva. «Avere 60 mila posti di lavoro a rischio in uno dei paesi più industrializzati è una questione sociale urgente che non ci possiamo permetterci di trascurare» spiega il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia, secondo cui «ora è ancora più indispensabile un maggiore sforzo del governo che punti ad evitare la recessione industriale che si rischia in questo 2023, mettendo al centro delle politiche pubbliche la crescita dell’economia reale»

La lista delle priorità In cima alla lista delle priorità, in vista dell’incontro del 18, Benaglia mette «l’aumento del numero di crisi aziendali storiche divenute ormai croniche; l’aumento di crisi al Sud, dove si rischia il deserto industriale e occupazionale; i troppi casi di mancata reindustrializzazione e l’aumento delle difficoltà dell’auto legate agli effetti della transizione ecologica che da tempo il sindacato denuncia». «E molto importante l’incontro col ministro Urso — conclude il segretario Fim — perché servirà a confrontarci su priorità e strumenti che devono caratterizzare una politica industriale da tempo troppo assente nel Paese».